«Un dovere di tutti lottare per la parità»

Uno dei tanti uomini presenti alla manifestazione (foto: Yoshiko Kusano)

La manifestazione di Berna del 22 settembre per la parità salariale e contro la discriminazione è stata un grande successo. Accanto alle numerosissime donne, anche di giovanissima età, sono scesi in piazza non pochi uomini. Abbiamo intervistato Nicolas Zogg, esponente di spicco di Männer.ch, unione di organizzazioni svizzere che si occupano di problemi maschili e della paternità, una delle molte sigle che hanno sostenuto la manifestazione nazionale.

Quali scopi si prefigge la vostra associazione?
Männer.ch si impegna affinché gli uomini possano avere voce nel processo di parificazione dei diritti tra i generi. È importante per noi che siano gli uomini stessi ad affrontare la ridefinizione del loro ruolo. È necessario per l’uomo assumere le stesse responsabilità della donna nella cura dei bambini per poter andare davvero oltre il ruolo classico di colui che semplicemente sostiene economicamente o difende la famiglia.

Possiamo considerare l’associazione Männer.ch una lobby maschile?
Non direi proprio. Ci sono uomini che non sono certo a favore dell’uguaglianza tra uomo e donna. Noi ci impegniamo soltanto per quegli uomini che sono a favore di un’equiparazione dei diritti e dei doveri tra i generi. Possiamo dire che siamo una lobby che si batte per le istanze degli uomini progressisti.  

Perché avete aderito alla manifestazione nazionale del 22 settembre?
Impegnarsi contro la disparità salariale è un dovere di tutti i cittadini e non solo delle donne. Noi siamo per il riconoscimento di stessi diritti e stessi doveri in tutti i settori. La discriminazione sistematica delle donne fa sì che siano loro a occuparsi di più della cura dei figli. All’uomo spesso non rimane altro che la responsabilità di sostenere economicamente la famiglia.

Gli uomini possono giocare davvero un ruolo nel percorso verso la parità di genere?
Certo. Innanzitutto possono mostrare tutta la loro solidarietà nei confronti delle le donne, come nel caso della parità salariale. Poi dovrebbero impegnarsi a condividere equamente con le donne i compiti di cura dei figli. Non è sempre facile: a volte è la stessa partner a non volerlo, altre volte è il datore di lavoro che non concede il part-time agli uomini.

I vostri scopi sono gli stessi dei diversi movimenti femministi del paese o ci sono divergenze?
Noi lavoriamo a fianco dei movimenti femministi e condividiamo con questi l’obiettivo della parità dei diritti di genere. Noi vogliamo però offrire un punto di vista maschile sulla questione. È importante analizzare, ad esempio, come vengono educati bambini e ragazzi: non è sufficiente dire “uomo rimani anche tu a casa occorre”, ma occorre capire anche come raggiungere questo obiettivo dal punto di vista culturale e pedagogico.

Quali sono le campagne principali in cui siete impegnati in questo momento?
Il congedo di paternità è per noi fondamentale. È importante incoraggiare l’uomo a rimanere a casa per occuparsi dei figli. Noi chiediamo 4 settimane, ancora poco, ma è un passo nella direzione giusta. Ci battiamo inoltre contro il sessismo in tutte le sue forme, contro la violenza nei confronti delle donne, ma anche degli uomini.

Quali sono i risultati che avete ottenuto?
Qualche anno fa abbiamo dato il nostro contributo per una causa importante: l’autorità parentale congiunta è ora la norma e non più l’eccezione. Ora i padri condividono sulla carta le stesse responsabilità delle madri e non sono più discriminati in partenza, ad esempio, in caso di divorzio.

Siete aperti anche a organizzazioni che si occupano di uomini con origini migratorie?
Noi ci consideriamo i rappresentanti di uomini e padri che vivono in Svizzera, al di là della nazionalità. Abbiamo tra noi un’organizzazione che si occupa specificatamente di padri con origini migratorie. Questi sono spesso confrontati con problemi ancora più grandi rispetto ai padri di nazionalità svizzera. Noi puntiamo a essere quanto più possibile inclusivi.