«Dobbiamo passare all’attacco»

Zoltan Doka

La conferenza sulla migrazione dell’Unione sindacale svizzera, che si terrà a Berna il 30 marzo, è un’occasione importante per affrontare temi attuali legati alle politiche migratorie in Svizzera. Si tratta, inoltre, dell’ultimo impegno professionale di Zoltan Doka, responsabile Unia migranti. Zoltan Doka, nato a Winterthur da genitori ungheresi nel 1961, ha lavorato dieci anni nel settore edile, dopodiché è passato nella cooperazione internazionale, dove vi è rimasto per 28 anni e ha avuto modo di conoscere sindacati di molte parti del mondo. Dopo questa esperienza è approdato a Unia all’inizio del 2017.

Nell’intervista con lui anticiperemo alcune delle questioni trattate durante la conferenza Uss:

Zoltan Doka, potrebbe fare un bilancio dei suoi anni in Unia?
Unia afferma giustamente di essere la più grande organizzazione migrante in Svizzera. Se guardo all'Europa, il nostro lavoro in materia di migrazione è molto avanzato. Molti dall'estero ci invidiano da questo punto di vista. Dobbiamo però fare ancora meglio per portare i nostri contenuti e le nostre strategie alla base. Questo richiede tempo ed energia. Occorre inoltre motivare sempre più giovani donne e uomini a impegnarsi con noi. Questa è la grande sfida per il futuro. Siamo forti soltanto se abbiamo degli iscritti attivi.

Quali sono oggi i problemi più scottanti per la migrazione in Svizzera in ambito lavorativo?
La Svizzera è piuttosto restrittiva in materia di migrazione. Gli attacchi della destra ai migranti in questi anni hanno lasciato il segno nella società e nella politica. I problemi e le sfide sono grandi per i nostri membri. I temi che riguardano i nostri associati sono lo status di soggiornante, il riconoscimento dei diplomi stranieri, la naturalizzazione, senza parlare poi del razzismo latente e della discriminazione. Il nostro compito è quello di fornire loro risposte e soluzioni attraverso il sostegno concreto oppure influenzando la politica.   

Le donne migranti in Svizzera sono spesso doppiamente discriminate. Ci sono richieste specifiche legate allo sciopero del 14 giugno?
Come uomo, non posso parlare qui a nome delle donne. Ma è certamente un doppio onere per le donne straniere affrontare le difficoltà legate alla condizione migrante, subire discriminazioni salariali e inoltre avere sulle spalle, molto spesso, buona parte del lavoro non retribuito in ambito familiare. Le rivendicazioni dello sciopero del 14 giugno, relative alla parità salariale o, ad esempio, al rafforzamento delle strutture dell’infanzia, riguardano certamente anche le donne migranti.         

Uno dei temi della conferenza sulle migrazioni è l'accordo quadro tra Svizzera e Ue: i sindacati hanno sviluppato una strategia negoziale?  
La strategia è in realtà relativamente semplice. Non vogliamo nessuna riduzione delle misure di protezione dei salari. Non si tratta di quisquilie, ma di meccanismi collaudati per proteggere chi lavora in Svizzera dal dumping salariale e dalla precarizzazione. Chi le vuole smantellare non mette in pericolo soltanto la protezione dei salari, ma rischia anche di aumentare il consenso dei populisti di destra. Questo può essere osservato in tutti i paesi con una scarsa protezione salariale.

Se i negoziati con l'Ue fallissero, non sarebbe seriamente minacciata la libera circolazione delle persone?
In Svizzera c'è solo una forza che vuole abolire la libera circolazione delle persone: l’Udc. Non dobbiamo sottovalutarla. Ciò è stato fatto nel 1992 e nel 2014 e ne abbiamo pagato le conseguenze. Tutte le altre forze riconoscono i benefici della libera circolazione delle persone. Ma diciamo anche che la libera circolazione delle persone può esistere solo con buone misure di protezione salariale. Siamo gli unici a dirlo con così tanta chiarezza. L’iniziativa per la limitazione dell’immigrazione dell’Udc deve essere combattuta con determinazione, perché vuole riportarci indietro nel tempo, ovvero allo statuto dello stagionale, un periodo terribile per i migranti in Svizzera. Non dobbiamo comunque solo combattere l’iniziativa ma sviluppare strategie offensive, sostenendo con forza la protezione delle persone, dei salari e non quella delle frontiere.

Saranno trattati altri argomenti durante la conferenza?
L'accordo quadro è certamente un tema centrale. Ma vogliamo anche analizzare storicamente l'intero processo che ha portato alla situazione attuale. È sempre importante riflettere sui processi storici. Cercheremo di guardare anche oltre il nostro naso: il Patto delle Nazioni unite sulle migrazioni, altro tema della conferenza, ha dimostrato quanto la questione  migratoria sia oggetto di un acceso dibattito in tutto il mondo. Nei gruppi di lavoro faremo luce su molte domande relative alla politica migratoria e inviteremo i partecipanti a contribuire con le loro idee, richieste e preoccupazioni.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Io e mia moglie abbiamo deciso di girare il mondo in barca a vela per diversi anni. E ovviamente è bene farlo finché si è ancora in buona salute. La conferenza Uss sulle migrazioni è quindi il mio ultimo giorno di lavoro. Rimarrò membro di Unia e seguirò la sua crescita. La bandiera del sindacato sventola già sulla mia barca.