«Un’azione concreta di solidarietà»

«In Serbia il grupo di Unia ha potuto vedere sul campo gli effetti delle decisioni prese nelle capitali europee.» ©Meabh Smith, Flickr

Tra gennaio e febbraio una trentina di persone, su iniziativa di Unia, ha partecipato a missioni di solidarietà con i profughi nelle località serbe di Preševo e Šid. Un’esperienza che ha confermato la necessità di impegnarsi in Svizzera per un’altra politica d’asilo.

«Di fronte all’emergenza profughi  nei Balcani, vari membri e  funzionari hanno chiesto alla direzione  di Unia a Zurigo cosa si  potesse fare», ricorda Per Johansson,  membro del team comunicazione  e campagne di Unia  Zurigo. Poiché è apparso subito  chiaro che il sindacato non poteva  organizzare un intervento  per conto suo, si è cercato un  contatto con organizzazioni già  presenti sul campo. Attraverso  l’Aiuto svizzero per i rifugiati,  si è arrivati alla ONG di ispirazione  evangelica Remar, attiva  nei campi di transito di Preševo  e Šid, in Serbia. All’iniziativa di  Unia Zurigo ha aderito subito  anche Unia Ginevra. «Avevamo  partecipato in autunno alle manifestazioni  in difesa dei diritti  dei migranti e  da quella mobilitazione  è nata  la volontà di  impegnarsi in un’azione concreta  di solidarietà», nota Alessandro  Pelizzari, segretario regionale di  Unia Ginevra.

Zuppa e tè

Un primo gruppo di una decina  di zurighesi si è recato a Preševo,  sul confine meridionale della  Serbia, a metà gennaio, per una  decina di giorni. «Lì c’era un  campo dove i profughi venivano  registrati, prima di proseguire  verso nord», spiega Per Johansson.  Il compito affidato ai volontari  di Unia era essenzialmente  quello di distribuire zuppa e tè  caldi e assicurarsi che il riscaldamento  funzionasse.  Un secondo gruppo di Unia, tra  cui anche Johansson, è invece  andato a fine di gennaio a Šid,  al confine con la Croazia. «Il  campo si trovava in un autogrill  abbandonato, vicino all’autostrada.  Lì ogni giorno arrivavano  i bus da Preševo,  carichi di profughi  in attesa  di proseguire  verso la Croazia. Talvolta qualche  migliaio di persone in un solo  giorno». Anche a Šid, i volontari  di Unia distribuivano tè e zuppa,  24 ore su 24, a turni.

Situazione drammatica

Il gruppo di Ginevra è invece  andato a Šid a metà febbraio.  In Serbia ha potuto vedere sul  campo gli effetti delle decisioni  prese nelle capitali europee.  «Siamo arrivati quando la rotta  dei Balcani era ancora aperta»,  racconta Alessandro Pelizzari.  «Dopo qualche giorno, l’Austria  ha limitato gli ingressi e convocato  una conferenza dei paesi balcanici  a Vienna. L’iniziativa austriaca  di fatto ha chiuso la rotta».  «Si è creata una situazione umanitaria  drammatica», afferma  Pelizzari. «Migliaia di profughi  sono rimasti bloccati in campi non  concepiti per lunghi soggiorni, carenti  di tutto. Abbiamo cercato di  portare il nostro aiuto, pasti caldi,  anche nei campi gestiti dall’esercito  serbo, a ridosso della frontiera,  ma non ci hanno lasciati entrare».

Esperienza importante

Per Johansson non si trovava  in Serbia quando la rotta dei  Balcani è stata chiusa. L’esperienza  nei campi l’ha comunque  segnato a fondo. «Una cosa  è seguire le vicende dei profughi  sui media, un’altra è incontrarli  di persona in Serbia, parlare con  loro, sentire le loro storie. La testa  continuava a lavorare, anche  quando tornavamo nei nostri alloggi  a Šid per riposare. Per me è  stato di grande aiuto fare questa  esperienza in gruppo, poter parlare  con gli altri delle esperienze fatte».  Ciononostante, il funzionario di  Unia Zurigo non ha dubbi: «Se  non lo avessi fatto, me ne sarei  pentito. E come buona parte di  quelli che sono andati in Serbia,  lo rifarei. Trovo importante che  Unia abbia reso possibile questa esperienza».

Responsabilità svizzera

Alessandro Pelizzari dal canto  suo pensa già a tradurre in rivendicazioni  concrete le suggestioni  della missione in Serbia. «Stiamo  lavorando a un appello che chiede  alla Svizzera di assumere le sue  responsabilità. La Svizzera dovrebbe  aprire la frontiera e accogliere  50 000 profughi. E sabato  parteciperemo alla manifestazione  contro l’accordo di Dublino e per  i diritti dei profughi e migranti».