«Lottiamo contro paura e repressione»

Per le donne in sciopero a Zurigo vale lo slogan del 14 giugno: rispetto, più salario, più tempo.

A fine agosto, sette lavoratrici e un lavoratore di Zurigo, attivi nel ramo delle pulizie, hanno incrociato le braccia per denunciare le pessime condizioni in cui sono costretti a operare. Questo sciopero è stato il frutto di un percorso sindacale complesso che, secondo Marudit Tagliaferri (Unia Zurigo-Sciaffusa), «continuerà ancora a lungo».

Quello che un tempo era l’epicentro industriale della città, è diventato negli ultimi anni sede di svariate attività del settore terziario: il Quartiere 5 della città di Zurigo era l’anima operaia e popolare della città, oggi ha cambiato decisamente pelle. Tra gli enormi edifici che svettano in questa parte della città, c’è anche l’hotel Sheraton, un grattacielo di colore nero che non passa inosservato, un quattro stelle non proprio alla portata di tutte le tasche.

Le ragioni della protesta

Chi lavora qui non è certo trattato bene come la clientela. Al momento dello sciopero, il personale di pulizia lavorava infatti alle dipendenze dell’azienda sangallese Burkhard, la quale è accusata di pagamenti ritardati dei salari, di razzismo e, non da ultimo, di spremere fino al midollo lavoratrici e lavoratori. Il personale, con questa azione, chiede migliori condizioni di lavoro e di essere assunto direttamente dall’hotel. Le trattative sono tuttora in corso.

Per Antonio, unico uomo della protesta, con esperienza di scioperi in Spagna, si è trattato di una prima volta in Svizzera: «Incrociare le braccia non è l’unica forma di lotta ma in alcune situazioni diventa necessario farlo. In questo caso siamo riusciti a denunciare le nostre pessime condizioni di lavoro e a costringere l’hotel alla trattativa». Maria ha tentennato fino all’ultimo ma, come lei stessa ha dichiarato, «la mattina ho preso coraggio e mi sono unita al gruppo in sciopero. Non avevo mai partecipato a uno sciopero qui in Svizzera».  Un primo risultato è stato già ottenuto: l’azienda appaltatrice colpevole di abusi non collaborerà più con l’hotel a partire da ottobre.

Il subappalto

Per Marudit Tagliaferri, responsabile del ramo delle pulizie della regione Unia di Zurigo-Sciaffusa, «la situazione nell’hotel Sheraton non è inusuale. Il subappalto in questo ramo è all’ordine del giorno e nasconde sempre sfruttamento. Inoltre, in un ramo dove non si può risparmiare sui materiali o attraverso l’innovazione, non è inusuale cercare di fare cassa affidando incarichi impossibili al personale, costretto a pulire anche 70 o 80 camere in una sola giornata di lavoro».

La regione Unia di Zurigo-Sciaffusa, aggiunge Tagliaferri, ha deciso per questo di impegnarsi nel ramo delle pulizie e per farlo si sta concentrando sui 6 hotel appartenenti al gruppo Marriott: «Questa catena, di cui fa parte l’hotel Sheraton, è leader del mercato e vogliamo che essi fungano da esempio: il nostro obiettivo è quello di ottenere miglioramenti in tutto il ramo».

Una battaglia difficile

Il personale addetto alle pulizie non è stabile, cambia in continuazione e per questo è molto difficile lavorare sul lungo periodo. Marudit Tagliaferri, inoltre, non nasconde che «in questo ramo lavorano in stragrande maggioranza donne che spesso non hanno molte qualifiche e vivono nella costante paura di perdere il posto, facendo i salti mortali per combinare famiglia e lavoro». La repressione del dissenso è pratica diffusa anche perché «il personale di questo ramo non ha ancora una tradizione sindacale e quindi diventa difficile trattare con le controparti».

Nonostante questo, però, il gruppo di Zurigo-Sciaffusa, in poco più di due anni di attività sindacale nel ramo, è riuscito a ottenere buoni risultati puntando sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica: più di un anno fa ha pubblicato un rapporto sulla situazione del personale di pulizia degli hotel e, in seguito, ha fatto in modo che alcune storie di sfruttamento arrivassero alla stampa svizzero-tedesca, Blick in primis.

Il 14 giugno

Lo sciopero delle donne ha dato coraggio a queste lavoratrici. Nessuna di loro, ha ricordato Tagliaferri, «pensava che in Svizzera si potesse arrivare a tanto». Nell’immaginario di queste lavoratrici, tutte di origine migrante, la Confederazione era pur sempre il paese della pace del lavoro. I fatti hanno smentito questo stereotipo duro a morire. Per loro e per altre colleghe, attive nel ramo delle pulizie, è però importante vedere dei cambiamenti concreti: «Lo sciopero è stato importante, ma ora tutte queste donne vogliono vedere dei miglioramenti significativi della loro situazione lavorativa. Abbiamo il dovere come sindacato di stare accanto a loro e di sostenerle con tutti i nostri mezzi».

L’Unione sindacale svizzera ha  lanciato negli scorsi giorni un’offensiva salariale che riguarda anche il ramo delle pulizie. Nella Svizzera tedesca miglioramenti dei minimi salariali (dal 2% al 3,4% in più) sono stati ottenuti da poco, «ma molto resta ancora da fare», come ha dichiarato la dirigente nazionale di Unia Corinne Schärer. In Ticino, invece, Unia si è rifiutata di firmare un Ccl che fissa il minimo salariale a 16,75 Chf e si batte per un salario minimo generalizzato a 21 Chf.