Si riparte dalla piazza

La riforma prevede l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne e le pensioni, già insufficienti, diminuirebbero ulteriormente.

Il 18 settembre a Berna alle 13.30 (ritrovo presso Schützenmatte) ci sarà una grande manifestazione contro la riforma Avs 21 e a favore di una nuova politica pensionistica. Anche sul fronte della previdenza professionale, l’Unione sindacale svizzera (Uss) promette battaglia.

Il 18 settembre a Berna alle 13.30 (ritrovo presso Schützenmatte) ci sarà una grande manifestazione contro la riforma Avs 21 e a favore di una nuova politica pensionistica. Anche sul fronte della previdenza professionale, l’Unione sindacale svizzera (Uss) promette battaglia.

I dati pensionistici di un paese sono un termometro affidabile per misurare le disparità e le discriminazioni di genere. La diseguaglianza salariale tra uomini e donne, il maggior carico di lavoro domestico e di cura svolto dalle donne, che le porta a svolgere meno ore retribuite rispetto agli uomini, le interruzioni più frequenti della carriera lavorativa e i bassi salari nelle cosiddette professioni femminili si traducono in pensioni peggiori.

In Svizzera la situazione è molto critica. Ancora oggi le donne ricevono in media un terzo in meno di pensione di vecchiaia rispetto agli uomini. Nonostante questo, i rappresentanti dei partiti borghesi hanno presentato una proposta di riforma dell’Avs che peserà sulle spalle delle donne.

Una marea viola

La riforma prevede l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne a 65 anni. Con questa misura s’intende assicurare una copertura finanziaria dell’Avs fino al 2030 penalizzando ancora di più le donne.

La copertura finanziaria si potrebbe facilmente garantire attraverso, ad esempio, l’utilizzo di una parte degli enormi utili prodotti dalla Banca nazionale svizzera (Bns).  Verdi e socialisti hanno provato a rispedire il progetto al Consiglio federale o alla commissione con proposte alternative, tra cui il finanziamento attraverso la Bns, ma non hanno avuto successo.

Fuori dal Parlamento, l’opposizione è stata ancora più netta: negli scorsi mesi una petizione contro l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne ha superato in pochi giorni le 300'000 firme. La petizione chiedeva non soltanto di fermare l’attacco ai diritti, ma di migliorare la situazione pensionistica delle donne. L’iniziativa sindacale per una tredicesima Avs, depositata da poco, va esattamente in questa direzione.

Un nuovo attacco

Anche sul fronte della previdenza professionale, le donne non se la passano molto bene. In generale, le rendite in questo ambito sono in caduta libera ormai da anni. Questo fenomeno ha dei risvolti drammatici per molte donne che, lavorando spesso part time, si ritrovano con rendite insufficienti a garantire una vita dignitosa.

Per questo motivo sindacati e rappresentanti dei datori di lavoro hanno elaborato un piano, frutto di un compromesso virtuoso, per cercare di migliorare la situazione che prevede, a fronte di una riduzione del tasso minimo di conversione al 6%, un supplemento della rendita per tutti finanziato su base solidale. Un sistema che gioverebbe soprattutto alle persone con basso reddito e a chi ha lavorato a tempo parziale.

Il piano delle parti sociali relativo alla previdenza professionale è stato silurato dalla commissione competente del Consiglio nazionale. Questo organo si è limitato a proporre semplicemente la riduzione delle pensioni del secondo pilastro senza proporre in cambio meccanismi solidali di compensazione utili al mantenimento della rendita o, in alcuni casi, al suo miglioramento. Anche in questo caso a pagare un prezzo altissimo sarebbero soprattutto le donne.