«Una vittoria, ma la strada è lunga»

Questa volta le commesse l’hanno spuntata

L’idea di armonizzare e prolungare gli orari d’apertura dei negozi in Svizzera non piace a Unia, ma neanche al Consiglio degli stati. Adesso il tema passa al Nazionale e la partita si riapre. Decisiva sarà la mobilitazione delle commesse tra le quali il sindacato ha lanciato un sondaggio.

Il voto del presidente ha fatto la differenza. E così il Consiglio degli stati, che rappresenta i cantoni in Parlamento, ha deciso il 24 settembre con 18 sì e 19 no di non entrare in materia sulla riforma della Legge federale sugli orari di apertura dei negozi in Svizzera. Ha deciso insomma di non seguire la proposta del governo: chiede al parlamento di introdurre in tutti i cantoni orari di apertura dei negozi uniformi dalle 6 del mattino alle 20 di sera dal lunedì al venerdì e il sabato dalle 6 alle 19. Sono diversi i motivi che spiegano questa per noi importante vittoria di tappa alla Camera dei cantoni.

La sovranità non si tocca

Il Governo prima di inviare la sua proposta al Parlamento aveva consultato i cantoni. Escluso il Ticino, tutti si erano espressi contro la riforma: mutila la nostra sovranità e spazza via in modo brusco le decisioni democratiche espresse negli ultimi dieci anni dal sovrano in occasione di varie consultazioni cantonali sul tema, avevano detto.

Infatti, in 13 casi su 16, dalle urne cantonali è uscito un chiaro no all’estensione degli orari di apertura dei negozi. Davanti a questo solido muro, le lobby della grande distribuzione hanno cercato una via di scampo. Hanno così puntato su una legge federale, avendo come obiettivo quello di fare valere ovunque gli orari liberali della City zurighese. Invece di accontentarsi di un’armonizzazione che rispecchi una media svizzera, vogliono imporre peggioramenti a 16 dei 26 cantoni e a oltre il 66 % del personale della vendita. Inoltre, vogliono dare la possibilità ai cantoni di avere leggi ancora più permissive, ma mai orari meno lunghi.

I cantoni fanno muro

Il promotore della riforma è il democristiano Filippo Lombardi. Alla Camera dei cantoni il senatore ticinese non si aspettava di incontrare tanta resistenza. La Conferenza dei direttori cantonali dell’economia pubblica e i governi della Svizzera occidentale attraverso i loro rappresentati hanno chiaramente invitato a respingere la riforma. Nel corso dei dibattiti il ticinese se l’è presa duramente con i cantoni. Una posizione la sua poco difendibile, viso che questa è proprio la camera che li rappresenta.

Il problema è il franco forte?

Estendere gli orari di apertura dei negozi è necessario per far fronte al franco forte: certo i rappresentanti dei dettaglianti hanno cercato di giocare questa carta, ma sono stati messi in riga senza tante difficoltà. Il turismo degli acquisti è strettamente legato al problema dei prezzi e non a quello degli orari, hanno fatto notare molti senatori. Lo prova il fatto che questo tipo di turismo è particolarmente forte in cantoni che dispongono già di orari molto liberalizzati come Basilea, Argovia e Zurigo.

La lotta continua. . . al Nazionale

Quella ottenuta agli Stati è solo una prima vittoria. La partita è infatti lungi dall’essere vinta. Da lunedì il progetto di legge sarà esaminato dalla competente commissione del Consiglio nazionale. Il tema potrebbe arrivare alla Camera in dicembre. Raramente la Camera del popolo ha mostrato molto riguardo per le preoccupazioni dei cantoni e del personale della vendita.

Spetterà quindi a noi far sentire le minacce molto concrete che pesano sulle condizioni di lavoro in seguito a simili cambiamenti. Conseguenze che sono tanto più gravi visto che il 50 % del personale non è difeso da un Contratto collettivo di lavoro (CCL). I datori di lavoro poi si rifiutano di proteggere meglio il loro personale contro le lunghe giornate di lavoro. Questa è la prima volta che il Parlamento discute una legge che riguarda tutto il personale della vendita. In passato erano state esaminate solo delle eccezioni, come quelle riguardanti le stazioni di servizio e le stazioni ferroviarie. La posta in gioco è quindi molto più importante. Per questa adesso risulterà determinate la mobilitazione di tutto il personale della vendita. Si comincia subito: Unia ha lanciato un sondaggio online su www.unia.ch e informerà in riunioni che si terranno nelle regioni. Berna deve conoscere le conseguenze per le lavoratrici delle sue decisioni.

Arnaud Bouverat, coresponsabile a Unia per il settore della vendita