«Unia è un sindacato europeo»

Beat Baumann, economista di Unia

A dieci anni dalla crisi finanziaria e in tempi di turbolenze economiche continue, è importante, secondo Beat Baumann, da noi intervistato, «adottare misure non conformi al sistema» e «tornare a parlare di un tema che un tempo era un cavallo di battaglia per molti sindacati».

Beat Baumann, per quale motivo Unia ha elaborato una ricetta economica per tutta la Ue?
Un lavoro retribuito è assolutamente centrale per tutte le persone, in modo che facciano parte della società, possano guadagnarsi da vivere ed essere apprezzate. Unia è un sindacato europeo e molti dei nostri iscritti provengono dai paesi europei. Buona parte di essi sono venuti in Svizzera dopo la crisi finanziaria a causa dell’alto tasso di disoccupazione dei loro paesi di provenienza.

Perché i sindacati non parlano da tempo di piena occupazione?
Le statistiche ufficiali sulla disoccupazione dipingono un quadro troppo roseo. Solo lentamente l’opinione pubblica si rende conto che molti lavoratori a tempo parziale vorrebbero lavorare di più e che molti disoccupati non cercano più lavoro perché scoraggiati dalle molte risposte negative ricevute.

Non sarebbe problematico dal punto di vista giuridico e politico costringere le grandi imprese ad aumentare il numero di posti di lavoro e le spese per il personale?
Le imprese traggono vantaggio dalla globalizzazione, realizzano enormi profitti e spesso licenziano i dipendenti, trasferendo così i costi all’assicurazione contro la disoccupazione. La nostra proposta non è rivolta alle Pmi che creano posti di lavoro, né allo Stato. Sono le ricche multinazionali che dovrebbero finalmente assumersi delle responsabilità in tema di occupazione. Ad esempio, si veda Novartis,
nonostante i profitti in forte aumento, ha annunciato la riduzione di 2150 posti di lavoro in Svizzera.

Per realizzare queste ricette è necessario almeno un forte accordo sindacale a livello europeo. La situazione di oggi è diversa …
La nostra proposta funziona solo se i sindacati in Europa sostengono il progetto insieme. Non è certo semplice. Ma ci sono dei progressi, i sindacati in Europa hanno condotto insieme una campagna congiunta sui salari e stanno chiedendo ora un salario minimo europeo.

Il vostro progetto intende dare voce anche ai comitati aziendali, non è vero?
Sì, i comitati aziendali rappresentano i dipendenti, che negozierebbero con la direzione i passi per l’attuazione dell’obiettivo occupazionale. Si tratterebbe sostanzialmente di investire per aumentare i posti di lavoro o di ridurre l’orario di lavoro. Queste decisioni devono essere prese democraticamente, quindi con il coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici.