Curiamo le cure con un CCL

Il 16 marzo è diventata una data storica per il settore delle cure e dell’assistenza privata di Unia. A Berna una quarantina di delegati/e hanno partecipato alla prima conferenza professionale nazionale. E hanno fissato i loro obiettivi: ottenere un contratto collettivo di lavoro (CCL) di obbligatorietà generale.

Prima conferenza nazionale del settore delle cure e dell’assistenza privata del sindacato Unia  

Per il sindacalista di Unia Udo Michel quello raggiunto è un traguardo molto importante in un settore che è sempre più in espansione. Si calcola infatti che dia lavoro a oltre 150 mila persone in Svizzera. Da oltre quattro anni, la sua regione, quella dell’Oberland bernese, è molto impegnata in difesa del personale attivo nelle strutture private per le cure di lunga degenza o per l’assistenza a domicilio. Molte lavoratici hanno bussata alla sua porta per lamentarsi delle difficili condizioni. In loro difesa il sindacato ha organizzato azioni di protesta e manifestazioni. Alcune lavoratrici, come quelle della Nathalie Stiftung, non hanno esitato anche a incrociare le braccia per ottenere gli auspicati miglioramenti.

Sempre più regioni

Il sindacato è molto attivo anche in altre regioni, come hanno testimoniato le delegate e i delegati che hanno partecipato all’incontro. Il Ticino difende per il momento esclusivamente delle badanti e finora ha ottenuto buoni risultati migliorando le loro condizioni di lavoro. «Altre regioni di Unia hanno intenzione di unirsi quanto prima», ha precisato Michel. Il successo è visibile anche dal numero di associati a Unia che crescono sensibilmente anno dopo anno. Solo la regione dell’Oberland bernese ne conta ormai oltre 600, come era stato annunciato all’ultima assemblea locale. Questa crescita è molto importante, ha rilevato la copresidente di Unia Vania Alleva che ha voluto partecipare personalmente all’assemblea per sottolineare il valore dell’incontro. Il settore delle cure di lunga degenza è un vero deserto sindacale. «Se tutti i sindacati e le associazioni professionali del settore unissero le loro forze i progressi sarebbero ancora più rapidi», ha sottolineato.

Varie partecipanti hanno avuto l’opportunità di raccontare le loro esperienze e il lavoro che si sta facendo nelle loro regioni o nelle case di cura. «Sono persone molto attive. Prendono facilmente la parola davanti ad un’assemblea. Sanno difendersi e Unia le sostiene anche con corsi di formazione», ha rilevato Mauro Moretto, che segue dalla centrale di Unia lo svilupparsi di questo ramo del terziario. 

Salari troppo bassi

Durante i gruppi di lavoro, i/ le partecipanti sono stati unanimi nel sottolineare che cure di qualità richiedono buone condizioni di lavoro. Invece quello che vivono le lavoratrici e i lavoratori tutti i giorni sono stress, pressione, mancanza di effettivi, richieste di flessibilità, salari bassi e supplementi miseri. «La situazione deve cambiare», hanno ripetuto i/le partecipanti, che hanno stilato la lista delle cose da fare. Le loro richieste sono state elencate in una risoluzione adottata all’unanimità. Vogliono in particolare che siano introdotti controlli efficaci per fermare la spirale negativa delle condizioni di lavoro. Il loro obiettivo principale resta quello di ottenere in collaborazione con gli altri partner sociali un CCL di obbligatorietà generale, quindi valido per tutti. L’accordo deve fissare chiare regole per quanto riguarda in particolare l’orario di lavoro, la protezione della salute e gli indennizzi. E affinché sia raggiunto questo obiettivo i/le delegati/e hanno chiesto il lancio di una campagna nazionale e a Unia di intensificare le attività nel loro settore. Hanno insistito anche sulla necessità di creare gruppi attivi non solo a livello di settore, ma anche d’impresa. Il lavoro quindi è solo all’inizio.