Pagare un po’ di più per ricevere di più

L’AVS ha chiuso il 2015 in rosso. Il vicepresidente Aldo Ferrari ribadisce la necessità di un rafforzamento.

579 milioni di franchi: a tanto ammonta la differenza negativa tra entrate e uscite dell’AVS per il 2015. Poiché anche gli investimenti dei fondi di compensazione hanno comportato delle perdite, il risultato d’esercizio è finito nelle cifre rosse. L’analisi di Aldo Ferrari, vicepresidente di Unia.

«Area»: Per la prima volta da anni, l’AVS registra un risultato negativo. È il caso di preoccuparsi?

Aldo Ferrari: Intanto occorre dire che il risultato di ripartizione, vale a dire la differenza tra entrate e uscite dell’AVS, era stato negativo anche nel 2014. Gli investimenti dei fondi di compensazione avevano però permesso di ottenere un risultato di esercizio positivo. Nel 2015 invece anche gli investimenti hanno registrato delle perdite. Tuttavia non c’è ragione di preoccuparsi. O meglio: c’è ragione di preoccuparsi solo se non si riflette sulla situazione e non si prendono le misure adatte a risolvere i problemi con cui siamo confrontati. Prima di cedere ad allarmismi, va ricordato che le riserve dell’AVS ammontano a 44 miliardi di franchi.

Qual è dunque la situazione su cui occorre riflettere?

Il problema è noto: al momento cominciano ad arrivare all’età di pensionamento persone che fanno parte della generazione del cosiddetto “baby boom”, cioè di una generazione più numerosa di quelle precedenti e di quelle successive. È un problema che abbiamo già incontrato nella discussione sul pensionamento a 60 anni nel settore edilizio. Non dimentichiamo che grazie a questa generazione, oltre che all’immigrazione e a un aumentodell’Iva di un punto percentuale alla fine degli anni Novanta, è stato possibile finanziare l’AVS dal 1975 a oggi senza aumentare i contributi. Ora, tenendo conto di questo, bisogna trovare il modo di coprire l’accresciuta necessità di finanziamento, senza perdere di vista il fatto che si tratta di una misura temporanea, legata a una generazione.

Quali misure concrete servono dunque per dare una risposta ai problemi odierni?

Vorrei fare un paragone per rendere più chiara la dimensione del problema. La perdita dell’AVS nel 2015 equivale a un po’ meno di 600 milioni di franchi. Sono dei bei soldi, certo! Non è una perdita che può ripetersi a lungo termine, dobbiamo affrontarla in modo responsabile. Però bisogna anche considerare che questi 600 milioni corrispondono allo 0,17% della massa salariale svizzera. Vale a dire che con un aumento dei contributi AVS mensili sul salario medio svizzero di 5 franchi a testa per datore di lavoro e lavoratore, la lacuna finanziaria sarebbe coperta. Ora, per rimediare alla necessità di un maggiore finanziamentodell’AVS, nell’ambito del dibattito sulla riforma della «Previdenza vecchiaia 2020», si parla di un aumento dell’Iva dell’1%. Il ricorso all’Iva o l’aumento dei contributi AVS, sono tutte soluzioni su cui si può e si deve discutere. L’importante è trovare un sistema di finanziamento, tenendo conto anche del fatto che il problema è temporaneo. Il paragone che ho proposto prima dimostra in ogni caso che il sistema dell’AVS ha in sé grandi capacità di risanamento, e questo anche grazie al fatto (cosa unica al mondo) che i contributi AVS sono versati sull’intero salario, senza limiti.

Il problema dell’AVS è davvero solo temporaneo?

All’epoca in cui Pascal Couchepin era consigliere federale sono stati fatti molti pronostici negativi sull’AVS. Si supponeva che l’invecchiamento della popolazione avrebbe causato rapidamente problemi di finanziamento. Invece le previsioni si sono dimostrate sbagliate. Perché? Perché non hanno tenuto conto del contributo dell’immigrazione, che ha assicurato un finanziamento solido dell’AVS e delle assicurazioni sociali. Non dimentichiamo che tra questi immigrati ci sono medici, accademici, persone che hanno salari ben superiori agli 85'000 franchi annuali e quindi garantiscono un finanziamento solidale dell’AVS. Ora, chi oggi vuole porre limiti all’immigrazione, mette in discussione anche il finanziamento dell’AVS.

I sindacati non si limitano a chiedere un finanziamento supplementare per salvaguardare le pensioni odierne, ma con l’iniziativa «AVSplus» chiedono persino di aumentarle. Non è troppo?

Se noi proponiamo semplicemente di aumentare l’Iva dell’1%, il risultato è che la gente si trova nella stessa situazione di prima, e paga di più. Allora, con l’iniziativa «AVSplus», diciamo: paghiamo un po’ di più, aumentiamo i contributi, ma riceviamo anche qualcosa in cambio. L’iniziativa va vista anche nel contesto delle difficoltà con cui sono confrontate le casse pensioni: necessità di risanamento, diminuzione del tasso di conversione. Nel secondo pilastro la gente paga di più per ricevere di meno. Allora il nostro ragionamento è questo: mettiamo più soldi nell’AVS, che è un pilastro solido, e in cambio offriamo a tutte le assicurate e a tutti gli assicurati un aumento delle pensioni del 10 per cento. Personalmente io sono convinto della bontà del sistema dei due pilastri, ma oggi il modo migliore per aumentare le pensioni è passare dall’AVS. È un sistema fantastico e penso sia il buon momento per rafforzarlo.

Con AVS plus aumenterebbe anche l’AVS dei milionari. È giusto?

Non dimentichiamo che buona parte dei contributi AVS versati dai ricchi non servono a finanziare la loro pensione AVS, ma sono contributi di solidarietà. Allora, a chi paga centinaia di migliaia di franchi di contributi AVS, do volentieri 200 franchi in più. È nella logica del sistema che rende forte l’AVS.

L’aumento delle pensioni AVS non potrebbe avere degli effetti negativi su chi percepisce delle prestazioni complementari?

C’è stata qualche discussione sulla possibilità che un aumento delle pensioni abbia effetti sull’imposizione fiscale o sui premi delle assicurazioni malattia, che alla fine potrebbero condurre a svantaggi finanziari. Io credo che se ci saranno, questi effetti saranno molto ridotti. E d’altra parte con l’aumento delle pensioni permettiamo a molte persone di riconquistare la loro dignità. Noi vogliamo che chi ha lavorato tutta la vita possa andare in pensione con dignità, senza dover elemosinare delle prestazioni complementari.