Bilancio con Marília Mendes sulla mostra di Unia sulle baracche degli stagionali e i bambini clandestini

La presidente di Unia Vania Alleva a Zurigo con Giovanni Giarrana, un ex stagionale recentemente scomparso

La mostra sulle condizioni di alloggio e di vita degli stagionali in Svizzera è arrivata in Vallese, ultima tappa di un giro che ha toccato 9 città in tutte le regioni del paese. È il momento di fare un bilancio con Marília Mendes, la segretaria di Unia che ne ha curato l’organizzazione.




L’esposizione ha riscosso ovunque un grosso interesse. A suo avviso, quali ne sono le ragioni?

Il concetto delle baracche collegato a quello degli stagionali è ancora ben presente in Svizzera. Se si parla di stagionali a molta gente vengono in mente le baracche, ma nello stesso tempo la gente ha idee molto vaghe: molti sanno ben poco a cosa servissero o chi vi abitasse. “Ne avevo sentito parlare, ma non sapevo bene di cosa si trattasse”, mi hanno detto molti visitatori o visitatrici. Mostrandone una abbiamo risvegliato un grande interesse.

Chi erano questi visitatori o queste visitatrici ?

Sono venute tante persone: svizzeri di varie età, come pure giovani della seconda o terza generazione. Questi ultimi volevano vedere con i loro occhi com’erano queste baracche di cui avevano tanto sentito parlare perché vi avevano alloggiato i loro padri o i loro nonni. Ma sono venuti anche ex stagionali che avevano vissuto in queste strutture per anni. Erano italiani, spagnoli, portoghesi o cittadini dell’ex Jugoslavia. Visitare una baracca era per loro come rendere omaggio a quel periodo e far in modo che non sia dimenticato. Poi sono venuti svizzeri che hanno la stessa età degli ex stagionali. Sapevano cos’era una baracca e volevano vederne una da vicino. Chi non aveva tempo di fermarsi ha preso l’opuscolo che avevamo preparato. Ne abbiamo distribuiti così tanti che è stato necessario fare una ristampa. (*)

Che cosa li ha stupiti di più?

All’interno della baracca abbiamo proiettato un breve filmato sulla vicenda dei bambini clandestini, vale a dire i figli degli stagionali che erano illegalmente in Svizzera e non potevano andare a scuola o uscire di casa perché rischiavano di venir espulsi. Molti giovani visitatori non conoscevano assolutamente questo aspetto e guardavano stupiti questo filmato, scoprendo un capitolo di storia per loro completamente nuovo.

Non vi è stato solo l’interesse del pubblico, ma anche quello delle regioni di Unia.

Effettivamente all’inizio avevamo programmato al massimo tre esposizioni: a Berna, a Ginevra ed eventualmente a Zurigo. Alla fine abbiamo montato e smontato la baracca per ben nove volte. Questo interesse per noi è stato molto bello. Anche la stampa ne ha ampliamente riferito. In Ticino per esempio tutti i media ne hanno parlato ciò che ci ha positivamente rallegrato.

Contemporaneamente avete organizzato anche dibattiti e altre manifestazioni.

Ovunque ci sono stati dibattiti legati al ricordo del passato, ma si è parlato anche di temi d’attualità e dei problemi che incontrano i migranti nella vita di tutti i giorni. Sono stati anche proiettati vari film, come per esempio quelli di Alvaro Bizzarri, un registra autodidatta ex migrante italiano. L’ho intervistato mentre mostravamo nella baracca un estratto di un suo film e per lui vederlo in quel luogo è stato un momento molto toccante.

Questa mostra ha richiesto l’aiuto di molte persone.

Per garantire una costante presenza durante le esposizioni siamo ricorsi anche al sostegno di membri attivi di Unia e tra di loro si è venuto a creare un legame molto bello.

Vi aspettavate questo successo?

In ogni caso lo speravo. Quello che mi ha stupito di più è stato scoprire che tanta gente non aveva nessuna idea che vi fossero stati dei bambini clandestini in Svizzera. Temevo che la baracca venisse danneggiata, ma non è successo niente di tutto questo. Anche le reazioni negative sono state molto poche.

Avete riprodotto una baracca per mostrare al grande pubblico l’ingiustizia dello statuto dello stagionale affinché non sia reintrodotto. Un pericolo che è sempre in agguato dopo l’approvazione dell’iniziativa contro la cosiddetta immigrazione di massa.

Noi siamo contro qualsiasi contingentamento, ma non ci piace la proposta del governo di escludere dai contingenti i permessi di meno di 4 mesi. Se uno può venire solo per meno di 4 mesi allora è facile che sia vittima di sfruttamento. Perché prima ancora di aver capito come funzionano le cose in Svizzera e quali sono i propri diritti questa persona se ne deve andare.

Adesso che la mostra è finita che ne sarà della baracca?

Non lo sappiamo ancora. Ci sono varie persone interessate, ma non abbiamo ancora preso una decisione. Forse resterà in Vallese o forse sarà usata per altre esposizioni. Staremo a vedere!

(*) L’opuscolo “Baracche, xenofobia e bambini clandestini” può essere ordinato gratuitamente inviando un email al seguente indirizzo:  migration[at]unia.ch