E-commerce, servono dei CCL

L’evoluzione delle vendite non ha ricadute altrettanto positive sul personale.

Vendite online in crescita, ma salari bassi e stress nei centri logistici e nei call center

Il commercio online e a distanza è in espansione. Ma le condizioni di lavoro sono spesso problematiche. La Conferenza professionale del commercio al dettaglio di Unia ha approvato martedì un risoluzione che rivendica buoni CCL anche per questo settore.

Il caso più recente è quello di Outfittery (v. area 6/2016). L’azienda, specializzata nella consulenza allo shopping, offriva per un posto a tempo pieno a Zurigo un salario di 2'500 franchi. Solo la pressione dell’opinione pubblica l’ha costretta a correggere il tiro. Il settore delle vendite online è in rapida espansione. Nel 2015 corrispondeva al 7% del commercio al dettaglio. Se si guarda solo al settore non alimentare (elettronica, abbigliamento ecc.), il commercio online ha una quota di mercato del 14%.

L’evoluzione delle vendite non ha ricadute altrettanto positive sul personale: il settore rimane caratterizzato dasalari bassi e da una crescente pressione sui lavoratori. «Nel settore del commercio online dobbiamo assolutamente migliorare le condizioni di lavoro, garantendole con dei buoni CCL», osserva Natalie Imboden, responsabile del commercio al dettaglio di Unia. «Laddove esistono già dei CCL, bisogna estenderli anche alle attività di vendita online e a distanza ». Oltre a approvare una risoluzione in tal senso, la conferenza ha anche espresso la sua solidarietà con i lavoratori in sciopero della Amazon a Lipsia e Graben (Germania) e ha ribadito la sua opposizione alla legge sugli orari di apertura dei negozi.