Quando militanza fa rima con coraggio

Azione sindacale di Unia davanti al deposito di pacchi della DPD a Möhlin (foto: Manu Friederich)

«Il sistema Dpd corrode la mente, ti toglie energia, il rischio è di pensare che questa sia la normalità, di assuefarsi a questo dispositivo indecente.» A parlare è uno degli autisti di uno dei tanti subappaltatori di Dpd, che ha deciso di rompere il silenzio e di prendere parte alla vera e propria resistenza sindacale condotta finora nell’ombra.

«Siamo spiati e non posso escludere che l’azienda conosca già la mia attività sindacale. Devo comunque stare attento perché te la fanno pagare cara. I dirigenti Dpd ci hanno più volte intimato di non parlare né con i giornalisti, né con i segretari sindacali Unia». L’anonimato è quindi d’obbligo e i riferimenti troppo specifici alla sua situazione da evitare.

M. è impegnato in uno dei collettivi di lavoratori e lavoratrici, sostenuti da Unia, sparsi un po’ in tutta la Svizzera. «Non so per quanto riuscirò ad andare avanti con questo lavoro, ciò che mi spinge a resistere è la speranza di vedere come va a finire questa storia. Non lo faccio solo per me, per la mia dignità, ma anche per i miei colleghi, anche per quelli che non hanno avuto finora il coraggio o la possibilità di ribellarsi».

Nemmeno il tempo per scambiare due parole con il cliente

Mentre siamo con lui al telefono, consegna pacchi a ripetizione. Il ritmo è forsennato e molte sono le pause nella conversazione per riprendere fiato. A volte i clienti lo riconoscono, sono gentili con lui perché ci sa fare, nonostante non abbia nemmeno il tempo per fermarsi a scambiare due chiacchiere: «Con qualche cliente fidato ho parlato velocemente delle nostre condizioni di lavoro. La loro solidarietà è davvero grande, non lo avrei mai pensato».

Uno scanner traccia tutti gli spostamenti e le consegne

L’intervista va avanti e a cadenza regolare sentiamo un rumore proveniente da uno strumento digitale: «Questo rumore che ci tiene compagnia è lo scanner, parte fondamentale del sistema Dpd. Lo scanner traccia tutti i nostri spostamenti e le consegne. In questo momento mi sta dicendo che il mio ritardo si sta accumulando, sono già arrivato a 27 minuti. Si parla spesso del cosiddetto «ritmo Amazon» imposto ai lavoratori. Anche noi qui abbiamo un «ritmo Dpd» ed è forsennato. Siamo lavoratori a cottimo».

Un sistema di penalità decurta il salario

M. è sempre in prima linea per difendere i propri diritti e quelli dei colleghi: «A volte mi trovo ad avere a che fare con colleghi a cui è stato decurtato il salario in maniera drammatica a causa del sistema di penalità. La categoria più debole tra di noi è quella dei lavoratori a ore che fanno da tappabuchi: sono i più sfruttati. Anche i nuovi arrivati non se la passano bene: sono costretti a lavorare almeno una o due settimane senza paga, soltanto perché devono imparare alcuni aspetti del mestiere».

Una lista di 13 rivendicazioni

M. è convinto che la strada della lotta sindacale sia quella giusta: «Nonostante il rifiuto di Dpd di sedersi al tavolo delle trattative con noi, abbiamo già notato qualche lieve miglioramento delle condizioni di lavoro nella nostra sede. La lotta paga ma ovviamente siamo ancora lontanissimi dal ritenerci soddisfatti. Abbiamo elaborato una lista di 13 rivendicazioni che hanno a che fare con quanto ci è stato sottratto ingiustamente finora e con le condizioni lavorative del futuro».
 

L'intervista è stata condotta da Claudio Carrer, Area