Commercio al dettaglio: stop al lavoro precario

La conferenza del commercio al dettaglio di Unia, riunita oggi a Berna, ha adottato due risoluzioni: una si oppone a qualsiasi estensione del lavoro domenicale, l’altra esige la fine del lavoro precario e su chiamata. Nella crisi del coronavirus, il personale del commercio al dettaglio si è ritrovato in prima linea. È tempo di essere riconoscenti del loro impegno ponendo fine alla precarietà e migliorando le condizioni di lavoro in questo settore!

La crisi del Covid-19 ha dimostrato quanto la società dipenda da centinaia di migliaia di persone che lavorano in professioni mal remunerate del settore dei servizi, in particolare nel commercio al dettaglio. Si tratta per la maggior parte di donne. Per mostrare maggior rispetto gli applausi non bastano. La conferenza del settore del commercio al dettaglio di Unia riunita oggi a Berna chiede la rivalorizzazione di queste professioni “essenziali” e contratti collettivi di lavoro con salari equi. Si oppone a ogni tentativo di peggioramento delle condizioni di lavoro e dei salari.

No a più lavoro domenicale

La prima risoluzione adottata dalla conferenza riguarda il lavoro domenicale. Le delegate e i delegati hanno deciso di opporsi a qualsiasi progetto di liberalizzazione del lavoro domenicale lanciato sul piano federale che interessi la vendita (mozione Graber: liberalizzazione del lavoro domenicale per gli specialisti / mozione Schneeberger: 4 domeniche lavorative all’anno in tutti i servizi) e di sostenere il referendum lanciato nel cantone di Berna conto l’estensione da 2 a 4 domeniche all’anno del lavoro domenicale. La conferenza prevede anche di opporsi a ogni ulteriore deroga al divieto di lavoro domenicale nei cantoni e nelle città.

Con la crisi aumenta la fragilità

In Svizzera sono almeno 200 000 le persone che lavorano su chiamata. Tali contratti sono molto comuni nella vendita. La crisi del coronavirus ha posto in luce la situazione precaria di queste/i dipendenti: si tratta soprattutto di donne. Per settimane molte si sono ritrovate senza reddito o quasi. Questo perché i datori di lavoro hanno ridotto drasticamente il salario a queste persone, trasferendo così illegalmente il rischio economico sulle/sui dipendenti.

Stop al lavoro precario e su chiamata

Per questo motivo in una seconda risoluzione la conferenza del settore rivendica vari provvedimenti per porre fine al lavoro precario e su chiamata. In particolare chiede che sia mantenuto l’accesso facilitato alla disoccupazione parziale deciso dal Consiglio federale durante la pandemia e che sia esteso alla disoccupazione. Chiede che tutti i contratti di lavoro menzionino obbligatoriamente un numero definito di ore di lavoro settimanali o mensili. O ancora che i contratti di lavoro siano adeguati al rialzo dopo 6 mesi in base alle ore effettivamente lavorate.