Un’eroina del nostro tempo

Sudha Bharadwaj è sindacalista, avvocata e docente di diritto.

Sudha Bharadwaj, protagonista di numerose lotte a favore di lavoratrici e lavoratori, ha contratto il coronavirus in carcere. La sua vita, insieme a quella di altri attivisti, è in serio pericolo. Una campagna chiede la sua liberazione, cure adeguate e la fine della repressione politica del governo indiano.

Ogni anno i paria o dalits, gli appartenenti alla casta degli intoccabili, ovvero l’ultimo gradino della società indiana, insieme ad altre categorie sociali fortemente discriminate, si ritrovano nella città di Bhima-Koregaon per festeggiare un’importante vittoria ottenuta contro la potente casta dei peshwas.

Nel 2018 si celebravano i 200 anni dalla battaglia e migliaia di paria si erano riversati nella città di Bhima-Koregaon per commemorare l’evento. Il Primo gennaio 2018, alcuni gruppi ultranazionalisti hanno attaccato con violenza i partecipanti all’evento, provocando un morto e numerosi feriti. La polizia, invece di arrestare i responsabili delle violenze, ha messo in carcere alcuni oppositori del governo, accusandoli di essere i veri responsabili dei disordini e, quindi, di cospirazione antigovernativa. Tra questi c’era anche Sudha Bharadwaj.   

Diritto e lotte

Sudha Bharadwaj è sindacalista, avvocata e docente di diritto. Figlia di un’importante studiosa di economia dalle idee socialiste, Bharadwaj decide di diventare avvocata e di impegnarsi per i diritti delle classi più deboli, escluse da secoli dalla vita sociale del paese.

Bharadwaj si è fatta conoscere anche in Svizzera quando, qualche anno fa, ha condotto una strenua battaglia contro il colosso del cemento LafargeHolcim, colpevole di sfruttare centinaia di lavoratori appartenenti agli strati più bassi della società. Grazie al suo impegno, molti di questi lavoratori, prima impiegati saltuariamente, «a prestazione» , hanno ora un contratto fisso, ricevono paghe adeguate e prestazioni sociali degne di questo nome.

Dal 28 agosto 2018, la donna si trova in carcere e qualche giorno fa ha contratto il coronavirus. A causa dell’età e dei suoi problemi di salute, dovrebbe essere immediatamente scarcerata e curata in strutture adeguate. Finora le sono persino state rifiutate terapie adeguate in carcere con l’accusa di simulare i sintomi provocati dal virus. Una campagna di Solifonds, l’organizzazione elvetica che si batte per i diritti del lavoro nei paesi in via di sviluppo, ne richiede l’immediata scarcerazione.   

Il presidio

Il 12 giugno, a Zurigo, in occasione del G7 di Londra, che ospiterà il premier indiano Narendra Modi, si svolgerà un presidio presso la chiesa riformata di Stauffacher, per denunciare la repressione in India.

Tra i promotori dell’iniziativa, oltra a Solifonds, c’è anche Amnesty International. In questa occasione, è prevista anche una mostra fotografica e la presentazione del libro della fotografa Karin Scheidegger (Rich Lands of Poor People), dedicato ai lavoratori del cementificio Lafarge-Holcim e alle loro battaglie condotte attraverso il sindacato Pragatisheel Cement Sharamik Sangh’s (Pcss).

Nel frattempo, come dichiarato da Yvonne Zimmermann (Solifonds), si sta percorrendo la via diplomatica: «Lo scorso anno abbiamo creato un comitato di solidarietà a favore degli oppositori del governo Modi, formato da diverse personalità sindacali e politiche, e in questi giorni abbiamo inviato una lettera all’ambasciatore indiano in Svizzera, chiedendo cure immediate per Bharadwaj, la sua scarcerazione e quella degli altri attivisti. Inoltre, abbiamo chiesto all’ambasciatore svizzero in India, sempre tramite lettera, di visitare il carcere in cui è rinchiusa Bharadwaj per accertarsi delle sue condizioni di salute». Tra i firmatari delle lettere, c’è anche Vania Alleva, Presidente di Unia.