Resistenza e parità salariale

I partigiani Juna e Riccardo (1945)

Nell’antico distretto industriale tessile biellese, industriali lanieri e operai firmarono un contratto clandestino durante l’occupazione nazista che segnerà le relazioni industriali italiane del secondo dopoguerra. A proteggere la firma dell’accordo, ci furono partigiani e partigiane.

Nel bel mezzo dei boschi della provincia biellese, in una trattoria di montagna, un gruppo di industriali lanieri e alcuni rappresentanti sindacali s’incontrano all’inizio del 1945 per firmare un accordo che farà storia: il Contratto della montagna. A scortare le due delegazioni, c’erano partigiani armati, staffette e sentinelle sparse qua e là lungo tutto il sentiero che permetteva di raggiungere la trattoria. In quella piccola trattoria di montagna, industriali, operai e movimento partigiano stavano ponendo le basi per un’altra Italia: antifascista, democratica e sociale.

Lotta di classe e buonsenso

A raccontarci la storia del movimento operaio biellese è Simonetta Vella, direttrice del Centro di documentazione della Camera del Lavoro di Biella: «La classe operaia biellese è stata tradizionalmente molto combattiva. Le lotte durante gli anni del Fascismo sono state cruente. Il Contratto della montagna è figlio di una serie di accordi “di valle”, ratificati quindi su scala locale, confluiti poi in un unico testo tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945. Si tratta probabilmente dell’unico contratto stipulato in Europa in piena guerra e sotto l’occupazione nazista». La novità del contratto era dirompente perché disconosceva la Repubblica di Salò e il sindacato fascista e sanciva nero su bianco, in virtù del reciproco riconoscimento tra le parti contraenti, la parità salariale tra lavoratori e lavoratrici. Inoltre, fissava l’orario di lavoro a 40 ore settimanali e riconosceva per la prima volta un congedo di maternità di 3 mesi.


Dopo la guerra     

Tre giorni dopo la Liberazione, ovvero il 28 aprile 1945, il Contratto della montagna fu dichiarato valido per la quasi totalità dei rami industriali biellesi. I suoi effetti si fecero però sentire anche su scala nazionale a partire dagli anni Sessanta. Vella: «Il Contratto della montagna era valido soltanto per quelle lavoratrici che erano attive durante la sua stipula. Quelle assunte dopo continuavano a essere discriminate. Nel 1961, la Cgil di Biella patrocinò una vertenza-pilota della tessitrice Mary Ceria contro una ditta della zona Tallia. La giustizia le diede ragione nel 1963. Oltre un migliaio di tessitrici seguirono l’esempio della Ceria. Ciò avrebbe comportato il pagamento di una mole enorme di arretrati da parte delle aziende che avevano abbandonato il principio della parità. Sindacati e Unione industriale si accordarono per un risarcimento una tantum, a patto però che gli industriali locali, molto influenti, sostenessero la parità salariale, l'anno successivo, al tavolo delle trattative per il rinnovo del Contratto nazionale. La sentenza ebbe quindi immediata ricaduta sul contratto nazionale dei e delle tessili del 1964, che estese la parità di salario a tutta la categoria su tutto il territorio nazionale. Più avanti, la conquista riguardò tutte le categorie e i comparti produttivi».