«Un attacco alla formazione duale»

I giovani di Unia vogliono condizioni di lavoro corrette per gli stage

500 franchi al mese per occuparsi di bambini piccoli in un asilo nido, senza la certezza di poter fare un tirocinio come educatrice per l’infanzia. È un esempio citato di recente dal bimensile Beobachter. E non è un caso unico. La domanda di stage è in aumento. Se un tempo erano un fenomeno che riguardava in primo luogo gli studenti universitari, oggi gli stage di pratica si stanno diffondendo anche nel mondo dell’apprendistato. I rischi di abuso sono grandi.

«Le domande sul tema sono sempre più frequenti, anche da parte dei media», osserva Lena Frank, segretaria nazionale dei giovani Unia. «Gli stage stanno diventando un problema. Sempre più sovente vengono richiesti già prima di iniziare un tirocinio. Il fenomeno è particolarmente diffuso nelle cure e nell’assistenza, per esempio negli asili nido, dove stagisti e stagiste finiscono per prendere il posto di persone con una formazione professionale.»

Manodopera a basso costo

In linea di principio gli stage dovrebbero servire ad acquisire esperienze pratiche prima di entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro. La prassi è da tempo diffusa fra gli studenti appena usciti dalle università. Ma negli ultimi anni il fenomeno si sta allargando e sta interessando sempre più anche chi è appena uscito dalla scuola dell’obbligo. Gli stage finiscono spesso per diventare uno strumento per reperire manodopera a buon mercato in settori in cui c’è una forte pressione per ridurre i costi. Quando non si tratta addirittura di forme di lavoro non retribuito. «Il fenomeno è un sintomo della logica dei profitti che sta prendendo piede anche in settori come quello della cura e dell’assistenza», nota Frank. «Il personale formato è caro, gli asili nido sono in ogni caso costosi e quindi si impiegano quasi solo stagisti appena usciti dalla scuola dell’obbligo, spesso con la promessa di un posto di tirocinio. Promessa non di rado disattesa.»

Pochi dati

Per quanto negli ultimi tempi la stampa si sia spesso interessata alla situazione degli stagisti e anche nei cantoni sia fatta strada la consapevolezza della necessità di definire meglio le condizioni quadro, il fenomeno dal punto di vista statistico è poco conosciuto. Non esistono studi affidabili a riguardo. Una conferma indiretta della crescita del fenomeno è fornita dai dati del centro di ricerche congiunturali del Politecnico federale di Zurigo (KOF) sulla diffusione dei contratti a tempo determinato tra i giovani tra i 15 e i 24 anni di età: se nel 2010 erano ancora meno del 10% di tutti i contratti, oggi sono oltre il 13%. E la crescita riguarda in particolare i contratti a breve durata, tra i 4 e i 12 mesi di durata.

Poche regole

Anche sul piano legislativo la questione non ha ottenuto finora particolare attenzione. Non esiste una legislazione specifica che regoli gli stage: il lavoro degli stagisti è regolato solo dalle norme generali della legislazione sul lavoro e sulla tutela dei minori. Qualcosa si sta però muovendo a livello cantonale: a Ginevra, Neuchâtel e Zurigo per esempio sono state elaborate linee guida per definire meglio le condizioni di lavoro negli stage; nel canton Berna la durata degli stage negli asili nido sarà limitata in futuro a sei mesi, salvo eccezioni. «A livello federale però il problema non è ancora stato davvero riconosciuto», ritiene Lena Frank.

Poca attenzione

Alla fine del 2015, rispondendo a un’interpellanza del consigliere nazionale Mathias Reynard, il Consiglio federale ha scritto tra l’altro che «un contratto di praticantato concluso esclusivamente nell’interesse del praticante non ha il valore giuridico di un contratto di lavoro e il praticante non dev’essere di conseguenza retribuito.» La valutazione è ovviamente passibile di interpretazione, ma rischia di confermare l’idea che gli stagisti possano essere considerati semplice manodopera a basso costo. Il governo ritiene del resto che la questione degli stage sia di competenza dei cantoni, come emerge dalla sua risposta (febbraio 2017) a un postulato della consigliera nazionale Lisa Mazzone che chiedeva l’elaborazione di un rapporto sul fenomeno degli stage (postulato non ancora discusso in parlamento).

Campagna di Unia

Di fronte a questa situazione, la conferenza dei giovani di Unia ha deciso a inizio maggio di lanciare una campagna sul tema. «Un primo elemento della campagna sarà la raccolta di dati attraverso un sondaggio», spiega Lena Frank. «Le modalità saranno definite nei prossimi mesi.» Sin da ora è però chiaro che la campagna si concentrerà in particolare sugli stage pretirocinio. «Gli stage obbligatori che fanno parte della formazione non sono problematici. E neppure gli stage di orientamento professionale (Schnupperlehre nella Svizzera tedesca) con una durata massima di circa due settimane lo sono. Gli stage pretirocinio invece, nella misura in cui non fanno parte della formazione obbligatoria erodono il principio della formazione duale e andrebbero vietati, anche perché dopo l’introduzione dell’Attestato federale di capacità non sono più previsti.» Per le altre forme di stage i giovani di Unia chiedono condizioni quadro chiare e in particolare una durata limitata e garanzie su una retribuzione adeguata e sull’effettivo contenuto formativo. «L’obiettivo è una regolamentazione a livello nazionale. Una regolamentazione a livello cantonale può essere un primo passo. E inoltre vorremmo che nei CCL gli stage pretirocinio fossero vietati.»